domenica 2 marzo 2014

Il lupo di Wall Street? Non è un Bravo Ragazzo!


Nascita, ascesa e... non-redenzione di Jason Belfort. Proprio così, il ragazzo prodigio nell'America degli anni 90, trova il suo personale Eldorado proprio quando per lui sembrava finita. Giovanissimo broker di belle speranze, trova subito lavoro da Rotschild,
una delle maggiori società dell'epoca. Sembra fatta, e invece svanisce in un attimo. La banca fallisce nel suo primo giorno di lavoro (Black Monday, 1987) e Jason si ritrova a ricominciare da zero, anche meno e, rispondendo alle inserzioni sul giornale, trova lavoro come mediatore di penny-stocks, le azioni emergenti (forse un giorno lo saranno) del mercato sommerso delle piccole e piccolissime sconosciute imprese.

Non tutto è legale nel suo nuovo impiego, anzi, diciamo la metà, quanto le sue astronomiche provvigioni del 50% su prezzi misurati in centesimi di dollaro. Ma è così che si fanno i soldi, Jason lo capisce subito. Serve solo convincere le persone a investire in quelle aziende che nessuno sa dove siano, quotarle in borsa e doparne le quotazioni per venderle quando si saranno ipervalutate. Per fare questo, fonda la sua agenzia di brokeraggio reclutando improbabili agenti disposte a tutto pur di arricchirsi.
Non paghi del giochetto, decidono di trasferirlo in grande stile acquistando direttamente la maggior parte delle azioni di una azienda veramente emergente per fare del vero aggiottaggio, varcando così con decisione ogni regola formale.

Il bello del film è questo: mettere l'attività legalmente e moralmente illecita di una banda di truffatori sullo stesso piano di quella di tanti loro colleghi, mostrando solo la parte malata di un mondo finanziario già di per se turbocompresso e sbilanciato verso la ricerca eccessiva del profitto, come se l'attività finanziaria di questi non sia granché diversa da quella normalmente svolta a Wall Street.

Droga, sesso e dollari sono co-protagonisti quanto e più degli attori principali: non solo a-valori simbolici, ma incarnazione dello spirito del film.

La storia parte un po' lenta, dialoghi faticosi. Bisogna attendere quasi un terzo della pellicola perché prenda via con il ritmo incalzante e psichedelico dei montaggi cui ci ha abituato Scorsese ai tempi dei "Bravi Ragazzi". Ecco, qui volevo arrivare: il film è sicuramente bello anche se 170 e passa minuti sono forse un po' troppo. Però Ray Liotta e Joe Pesci erano un'altra cosa.

Non so se, tra poche ore, ce la farà a conquistare la statuetta, ma "American Hustle" mi sembra abbia un'altra marcia.

Mia quotazione: 4 stelleVai al trailer

P.S.: il maresciallo Maggio avrà modo di conoscere gli omologhi nostrani di Belfort nel suo prossimo romanzo che lo vede protagonista, "Affari Sporchi".

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