mercoledì 3 febbraio 2016

Creed, nato per combattere


Il giovane Adonis Johnson, dopo un'infanzia difficile tra affidi poco condivisi, trova una comoda sistemazione a casa della vedova di Apollo Creed. Cresciuto con le migliori opportunità,
non dimentica ciò che più lo appassiona, il pugilato, finché lascia l'agevole carriera finanziaria, torna a Philadelphia e cerca il vecchio campione Rocky Balboa per convincerlo ad allenarlo. Rocky è gravemente ammalato ma non può negare il suo aiuto: il ragazzo, infatti, è il figlio illegittimo di Apollo Creed, il campione tuttora nella memoria degli appassionati come e più di Rocky stesso. E a proposito di Apollo, Rocky rivela chi vinse la terza sfida (privata) tra lui e l'ex-campione, che ebbe luogo alla fine del terzo episodio, nel ring privato della villa di Balboa.


Le storie di Rocky seguono un itinerario che si tende sempre a dare per scontato, il protagonista che non ce la fa ma poi ce la fa. Anche questa, con qualche sfumatura, non è da meno.
Il modo di affrontare il conflitto dei personaggi di questa saga è sempre interessante e anche questa volta riesce a incuriosire perché, in effetti, non si sa chi vincerà il match improbabile che si profila. Ma non è questo, o non solo: in realtà la curiosità è quella di vedere come i personaggi superano i propri limiti e vincono la propria sfida personale, una cosa direi molto caratteristica nella storia infinita di questo pugile immaginario di Philadelphia.


Belle le riprese ravvicinate dei combattimenti, con una resa più autentica dei precedenti episodi. Appena rivisitata la celebre musica di Bill Conti: non fa venire i brividi come una volta ma è adeguata ai tempi e all'atmosfera del film.
La trama, e il finale, quasi ci minacciano: ci dovremo aspettare una dinastia di eredi di Rocky?

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